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bello o brutto non È politica
ANTONIO CIANCIULLO (12 gennaio 2001)


Saracinesca. Ecomostro. Alveare. Di soprannomi l’agglomerato informe che porta il nome di Punta Perotti ne ha conquistati sul campo parecchi. Del resto basta guardarlo per rendersi conto che è troppo anche per un Paese abituato a sprecare bellezze che in ogni altra parte del mondo verrebbero salvaguardate come patrimonio nazionale intoccabile.
L’errore è stato compiuto molti anni fa, quando nella scala dei valori si è fatta confusione tra degrado sociale e distruzione del paesaggio. Quando per allontanare uno sfasciacarrozze, eliminare il rischio di una discarica e render più difficile la vita a qualche prostituta si è pensato di ricorrere alla purificazione modernista della colata di cemento. Ma oggi quella scelta, sbagliata anche nel momento in cui è stata fatta, appare completamente priva di senso.
Uno alla volta tutti gli alibi sono caduti. Renzo Piano, che nelle intenzioni dei costruttori doveva essere il marchio di prestigio a coprire la vergogna dei 300 mila metri cubi che fanno diga sul litorale, ha alzato da tempo bandiera bianca dichiarando irriformabile il progetto. A pochi chilometri da Bari undici ville abusive sono state sequestrate: indizio di un cambiamento di rotta che è nell’aria. E infine il fronte ambientalista, fino a ieri minoritario, comincia a trovare consensi più larghi.
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Anche perchénumeri alla manomostra la differenza di prospettiva tra un modello economico basato sulla rapina del territorio rispetto a quello che si fonda sul rilancio di un turismo di qualità e dell’industria del tempo libero.
Anche se dal punto di vista giuridico la vicenda ha avuto una singolare evoluzione con l’assoluzione dell’ecomostro da parte dei giudici della corte d’appello di Bari e l’annunciato ricorso da parte del ministero dei Beni culturali, sul piano del senso comune il tentativo di giustificare il sequestro del mare, di scoprire una logica difendibile dietro scelte come quella di Punta Perotti è sostanzialmente fallito.
Una società matura prenderebbe atto di questa situazione e comincerebbe a discutere non sul se ma sul come ridurre i guasti prodotti. E invece si profila un’ultima beffa: la divisione politica attorno al simbolo di Punta Perotti. Come se il concetto di bello potesse essere appaltato o appaltabile a una forza politica anziché costituire la premessa per le scelte tecniche che possono opporre uno schieramento ad un altro.
Non c’è bisogno di consultare testi esoterici di economia alternativa per rendersi conto che la molla che determina il valore di mercato è la scarsità del bene e la sua appetibilità. Nell’Italia del dopoguerra, l’Italia con tante baracche e poche fogne, per molti la casa appariva come un miraggio, un obiettivo da raggiungere a qualunque costo. Oggi la situazione si è rovesciata. Gli italiani guidano la classifica europea dei proprietari di case: è cresciuta enormemente la quantità di stanze disponibili ed è diminuita drammaticamente la possibilità di uscirne senza essere aggrediti dal benzene. Oggi il bene scarso è la natura. Il motore della nuova economia fatta di tempo libero, vacanze, servizi, merci immateriali, cultura ruota attorno all’abbinata naturaarte. Ignorare questo dato vuol dire regalare inquinamento ai cittadini e sottrarre lavoro.
antonio cianciullo

 


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