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"Li abbatteremo per legge"
Proposta del ministro dell’Ambiente: espropriamoli

RAFFAELE LORUSSO (13 gennaio 2001)


Punta Perotti diventerà un ecomostro anche per la legge. La proposta, presentata ieri a Roma, porta la firma del ministro dell’Ambiente, Willer Bordon, e si pone l’obiettivo di rendere facile e immediato l’abbattimento dei palazzi costruiti sul lungomare di Bari e degli altri scempi paesaggistici realizzati nel Belpaese. Già alcuni mesi fa, il ministro dell’Ambiente era stato categorico. «Il governo — disse — è disposto ad acquistare i palazzi di Punta Perotti per abbatterli». Il primo passo in questa direzione è stato compiuto ieri, con la presentazione del progetto di legge. Che la strada scelta dal governo fosse quella dell’esproprio, del resto, lo aveva detto in un’intervista a Repubblica, domenica scorsa, anche il sottosegretario all’Ambiente, Nicola Fusillo.
Quella del ministro Bordon, adesso, è una sfida e un avvertimento a quanti credono di poter continuare a utilizzare il territorio a proprio piacimento. La procedura non sarà breve. Il progetto di legge dovrà essere esaminato dai due rami del Parlamento e, con la legislatura ormai agli sgoccioli, il rischio che non se ne faccia nulla è tutt’altro che remoto. Il messaggio del ministro dell’Ambiente, però, è destinato a lasciare il segno. Perché, spiega Willer Bordon a Repubblica, «con questo progetto di legge vogliamo accelerare l’eliminazione degli ecomostri, attivando procedure simili a quelle previste per i siti industriali inquinati».
Ministro Bordon, lei chiede al Parlamento di dichiarare fuorilegge il complesso di Punta Perotti. E se la Cassazione dovesse stabilire che è tutto regolare?
«Il governo si muove su un livello diverso da quello su cui sta lavorando la magistratura. Il progetto di legge contiene disposizioni per la tutela ambientale e la bonifica dei siti compromessi. L’obiettivo è di eliminare tutti quegli scempi che deturpano il paesaggio. Punta Perotti è stato inserito a pieno titolo fra i siti inquinanti dal punto di vista paesaggistico. Anche il paesaggio, infatti, può essere inquinato come l’aria e il terreno. Il progetto di legge ribadisce proprio questo principio».
In che modo quel complesso potrebbe essere abbattuto?
«Sono previste due diverse procedure. In caso di illegittimità totale della costruzione, si procede alla demolizione immediata. Quando, invece, non è possibile intervenire per illegittimità, l’ecomostro viene inserito nel programma nazionale di qualifica dei siti ambientali e dichiarato di pubblica utilità. Quindi, si espropria, previa indennizzo ai proprietari, e si abbatte».
Ma se la Cassazione dovesse dichiarare legittimo il complesso di Punta Perotti?
«Nessun problema. È chiaro che sarebbe seguita la seconda strada: quella dell’esproprio. Il fatto che una costruzione sia giuridicamente legittima non esclude che possa rappresentare un elemento di degrado del territorio e di inquinamento ambientale. Punta Perotti è proprio questo: un sito inquinato che deturpa il paesaggio e il territorio. Senza contare, poi, che sia per me sia per il ministro dei Beni culturali non è pienamente legittimo».
Insomma, quel complesso ha i giorni contati.
«Per il momento non c’è ancora la legge, ma soltanto un progetto di legge. Che, però, esprime la volontà mia e del governo di cancellare alcuni ecomostri. Si tratta di un progetto di legge specifico, che elenca gli scempi da cancellare. Punta Perotti è uno di questi».
Sembra di capire, insomma, che a questo punto la sentenza della Cassazione diventa ininfluente.
«Il governo non vuol fare forzature. Da parte nostra c’è il massimo rispetto per il lavoro dei giudici. Tant’è vero che se la sentenza sarà favorevole ai costruttori, noi seguiremo la seconda via prevista nel progetto di legge: quella dell’esproprio. Certo, sarebbe meglio abbattere immediatamente quei palazzi, com’è avvenuto per il Fuenti, ma se non sarà possibile pagheremo un indennizzo ai proprietari e poi manderemo le ruspe».
Non teme che il provvedimento di esproprio sia impugnato dai proprietari e che si apra un contenzioso almeno decennale?
«È un rischio che non esiste. I ricorsi sono possibili quando il complesso di leggi e regolamenti lascia una qualche via d’uscita. Invece, qui saremmo di fronte a una legge che disciplinerebbe tutti i passaggi. C’è poco da discutere. È la stessa strada che abbiamo seguito per il Fuenti: per trent’anni nessuno era riuscito a far nulla, poi con una legge specifica abbiamo previsto la demolizione e nessuno ha potuto opporsi. Certo, lì non c’era alcuna concessione edilizia, ma la sostanza non cambia: se un palazzo deturpa il paesaggio, va abbattuto».
A Bari, intanto, i partiti del centrosinistra chiedono la revoca delle concessioni edilizie: è un’altra strada per arrivare alla demolizione. Non teme che troppe iniziative possano creare soltanto confusione?
«Non entro nel merito dell’iniziativa dei partiti di centrosinistra perché non ne conosco i dettagli. Credo, tuttavia, che vadano bene tutti i tentativi che si muovono nella direzione di buttare giù ciò che offende la cultura e il paesaggio».

 


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