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"Bordon, ci siamo anche noi"
Ecco lo sfogo dei proprietari
Il racconto di chi aveva già comprato un appartamento,
rimasto però un’illusione: noi, trattati da criminali

LELLO PARISE (14/01/2001)

«Lei conosce il mio nome e cognome, io sono disposto a spiegarle come stanno le cose, però mi faccia la cortesia di non rivelare la mia identità». Parla un «clandestino» di Punta Perotti: sei anni fa sognava di emigrare, insieme con la sua famiglia, in uno degli appartamenti vista mare che i Matarrese avevano cominciato a costruire là dove ormai continuano a crescere soltanto sterpaglie, mentre nel frattempo i palazzisaracinesca alti così non danno soltanto l’impressione di toccare il cielo. Ma anche il fondo... «Ecco, ha capito perché non deve stampare su Repubblica le mie generalità?!». Mi scusi, ma non abbiamo capito. «Perché mi sono seccato di essere trattato come un criminale, il responsabile di chissà quale reato. Leggo i giornali e sono imbarazzato: Punta Perotti di qua, Punta Perotti di là. Nessuno accusa me di niente, intendiamoci, io stesso tuttavia ho la netta sensazione di avere commesso una cattiva azione... Ho solo comprato una casa! Adesso, leggo pure che il ministro dell’Ambiente ha deciso di "cancellare gli ecomostri", tra cui, ovviamente, c’è Punta Perotti. E io che ho messo i soldi, che fine fanno i miei soldi?!».
Tra sequestri, dissequestri, sentenze, polemiche, il «clandestino» di Punta Perotti ancora non sa quando, e se, riuscirà ad entrare in quella casa all’ottavo piano grande novanta metri quadrati. «Era il 1995 e decisi di acquistarla: a tre milioni e mezzo il metro quadrato. In totale, 370 milioni. Firmai un compromesso, da lì ai prossimi due anni avrei dovuto versare il cinquanta per cento dell’intera somma; l’altro cinquanta per cento, al momento del rogito notarile. Invece...». I cantieri furono sigillati dalla magistratura. «Chiesi ai costruttori, con una lettera, la sospensione dei pagamenti. La mia proposta venne accettata dagli stessi costruttori senza battere ciglio. Per quanto mi riguarda, avevo già scucito qualcosa come 110 milioni. Per quello che ne so io, solo i "permutanti", sì, insomma, quelli che avevano ceduto terreni in cambio d’appartamenti, decisero di fare causa ai Matarrese. Tutti quanti gli altri, invece, seguirono la mia strada. No, nessuno di noi ha mai pensato d’ingaggiare una battaglia legale. Speriamo sempre che in un modo o nell’altro, le cose si sistemino. Se dovessero abbatterli? E’ una follia! Perché?! La verità è che avevano cominciato a bonificare una zona dove trionfava solo la prostituzione».
Dalle «belle di notte» ai palazzi brutti anche di giorno? «Ma chi li ha tirati su, era stato autorizzato a farlo. Se non avessi, all’epoca, controllato che tutti i documenti necessari erano in regola, non avrei investito neppure una lira! Sì, insomma, mi sentivo tranquillo. Poi, è successo quello che è successo. Aspettiamo l’ultima decisione, quella della Cassazione. Non mi aspettavo, piuttosto, l’uscita del ministro Bordon: non ha speso una sola parola per quelli che, come me, da anni non riescono ad entrare in possesso di una proprietàmostro, così come la chiamano. Quando buttarono giù il "Fuenti", sulla costiera amalfitana, non ci furono problemi di questo tipo: era un albergo! In questo caso, noi non siamo mica "clienti" di Punta Perotti, ma proprietari. Eppure, è come se in questa gigantesca guerra legale e ambientale fossimo stati dimenticati: abbattuti prima ancora che sia abbattuto un solo piano di quei palazzi. Sì, ha ragione lei: sono un clandestino. E come tale, da dimenticare».

 


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