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Storia di un miracolo
Una legge "aggiustata" dietro quei palazzoni
RAFFAELE LORUSSO (3 gennaio 2001)


Questa è la storia di un miracolo italiano. Una storia di miliardi e di cemento da raccontare ai nipoti, indipendentemente da come andrà a finire. Sì, perché anche se la Cassazione dovesse ordinare l’abbattimento dei palazzi di Punta Perotti, i passaggi burocratici della vicenda saranno comunque ricordati come casi da manuale. Capolavori della politica e dei politici di casa nostra, convinti sostenitori dell’arte del compromesso e del «tutto s’aggiusta».
Proprio grazie a un aggiustamento — e che aggiustamento — è stata possibile la lottizzazione di Punta Perotti. Il progetto della «Sud Fondi», società del gruppo Matarrese, fu approvato dal Consiglio comunale il 20 marzo ’90. La giunta di pentapartito guidata dal socialista Franco De Lucia dovette fare gli straordinari: in soli sette giorni il piano di lottizzazione ottenne tutti i pareri prescritti dalla legge e il via libera dell’assemblea cittadina, che giunse nell’ultimo giorno utile prima dello scioglimento (si sarebbe votato a maggio). Tanta celerità rischiava però di risultare vana: il progetto della «Sud Fondi» non poteva essere realizzato perché la legge regionale numero 30 dell’11 maggio ’90 (Norme transitorie di tutela delle aree di particolare interesse ambientale paesaggistico) consentiva di realizzare soltanto gli interventi «approvati alla data di entrata in vigore della presente legge». La lottizzazione «Punta Perotti», che sarebbe dovuta sorgere a meno di 300 metri dal mare, in difformità dalla legge Galasso, era stata esclusa perché, all’entrata in vigore della legge 30, il progetto era stato soltanto adottato (l’approvazione definitiva del Consiglio comunale avvenne l’11 maggio 1992).
Ma le vie della politica sono infinite e, neanche un anno dopo, il progetto fu fatto rientrare dalla finestra. La giunta di quadripartito (Dc, Pri, Pli, Psdi) estesa ai Verdi di Enrico Balducci, presieduta dal dc Michele Bellomo, riuscì a far approvare dal Consiglio una legge, la numero 2 dell’11 febbraio ’91, che i maligni ribattezzarono subito «legge Matarrese». Il provvedimento, di soli due articoli, modificò la legge numero 30 consentendo, nelle aree di particolare interesse ambientalepaesaggistico, anche la realizzazione di «interventi adottati alla data del 6 giugno ‘90». La lottizzazione di Punta Perotti, adottata il 20 marzo ’90, era salva.
Ma le modifiche alla legge 30 del ’90 non si fermarono qui. Con la legge numero 14 del 9 agosto 1993, le maglie si allargarono ulteriormente e, dopo i progetti adottati, nelle aree di particolare interesse ambientale paesaggistico furono ammessi anche i progetti «presentati alla data del 6 giugno ‘90». Stavolta Punta Perotti non c’entrava niente. E infatti i soliti maligni parlarono di «legge Dioguardi» perché l’ulteriore modifica avrebbe consentito all’impresa Dioguardi di costruire sulle aree acquistate dagli eredi Volpe, alle spalle di Punta Perotti. All’epoca i progetti della «Dioguardi» erano stati soltanto presentati al Comune, ma, raccontano a Palazzo di Città, fu l’allora sindaco pci Pietro Leonida Laforgia a chiedere al collega di partito Vito Angiuli, allora vicepresidente di una giunta regionale formata da Dc, Pci, Psi e Psdi, di «correggere» ancora una volta la legge 30 del ’90, inserendo anche i progetti presentati.
A differenza dei palazzi di Punta Perotti, il progetto della Dioguardi non è stato mai realizzato: il Cur (Comitato urbanistico regionale) ha posto una serie di questioni rimaste irrisolte. Non lo stesso è stato per il complesso residenziale dei Matarrese: i miracoli non si ripetono.

 
 


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