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Il destino dei palazzoni
è "appeso" a una virgola
Nel ricorso in Cassazione si ipotizza un errore di interpretazione
RAFFAELE LORUSSO (4 gennaio 2001)

Una virgola. Il ricorso in Cassazione del procuratore generale Riccardo Dibitonto contro la lottizzazione di Punta Perotti si gioca tutto sull’interpretazione di una virgola contenuta nell’art. 2 della legge regionale numero 2 dell’11 febbraio ‘91, che modificò e prorogò la legge regionale numero 30 del ‘90. Oltre a ribadire l’esistenza del vincolo di inedificabilità assoluta a meno di 300 metri dalla costa, il procuratore generale ipotizza anche l’errata interpretazione della legge numero 30.
In pratica — è la tesi del dottor Dibitonto — approvando la lottizzazione di Punta Perotti, facendola rientrare nel caso previsto dalla legge numero 2, il Consiglio comunale avrebbe compiuto una forzatura. Perché le uniche lottizzazioni possibili erano sì quelle adottate entro il 6 giugno ‘90, ma avrebbero dovuto riguardare insediamenti turistici, artigianali e industriali. Secondo il procuratore, nelle aree di particolare interesse ambientale, come Punta Perotti, non sarebbero stati possibili interventi di natura residenziale. A fare la differenza sarebbe la presenza di una virgola e l’assenza di una congiunzione. Sia la legge numero 30 del ‘90, sia le modifiche successive (la legge numero 2 del ‘91 e la numero 14 del ‘93) dicono chiaramente che «nelle zone C, nelle aree destinate ad insediamenti turistici, artigianali e industriali sono consentiti gli interventi previsti in strumenti urbanistici esecutivi...». Se il legislatore avesse voluto far rientrare anche i complessi residenziali — dice in sostanza il procuratore — avrebbe scritto «nelle zone C e nelle aree destinate ad insediamenti turistici...». Invece, proprio l’assenza della «e» e la presenza della virgola vanno interpretate nel senso di rendere possibili, nelle aree di particolare interesse ambientale, soltanto insediamenti produttivi.
Una tesi analoga fu sostenuta, otto anni fa in commissione prima e in Consiglio comunale poi, dall’allora capogruppo del Pds, Gianni Di Cagno. A rileggere il verbale della seduta dell’11 maggio ‘92, quella in cui la lottizzazione di Punta Perotti ottenne il via libera definitivo dell’assemblea cittadina, si può verificare come Di Cagno sostenne con convinzione questa interpretazione, ma senza successo. Dopo aver costretto la commissione consiliare urbanistica a discutere sul progetto di lottizzazione per oltre due mesi, in Consiglio comunale Di Cagno spiegò che, con la legge numero 30 del ‘90 e con la numero 2 del ‘91, nelle zone «C» (quelle che il piano regolatore generale classifica come di espansione) delle aree di particolare interesse ambientale il legislatore regionale aveva voluto rendere possibili soltanto interventi di natura turistica, artigianale o industriale. «L’interpretazione per cui i progetti adottati alla data del 6 giugno ‘90 sono consentiti sia nelle zone C sia nelle aree destinate a insediamenti turistici, artigianali e industriali — disse — non convince. In questo caso, infatti, la legge avrebbe dovuto dire: nelle zone C "e" nelle aree destinate a insediamenti turistici, artigianali, eccetera». La presenza della virgola, subito dopo aver parlato di zone C, secondo Gianni Di Cagno, dimostra che il legislatore regionale «ha inteso provvedere a una specificazione degli interventi che sono previsti nelle zone C». Ossia, soltanto insediamenti, turistici, artigianali e industriali e non di carattere residenziale, come il complesso di Punta Perotti.
Il Consiglio comunale la pensò diversamente. L’11 maggio ‘92 la lottizzazione passò con 32 sì della maggioranza di pentapartito, 7 voti contrari di Pds, Msi e Verdi e l’astensione del dc Domenico Bavaro. A distanza di otto anni, i dubbi sull’interpretazione della legge riemergono prepotentemente. A chiarirli una volta per tutte, il 29 gennaio, sarà la Cassazione.

 
 


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