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8 luglio 1998
Il complesso residenziale pugliese ha tra i progettisti Renzo Piano.
Gli ambientalisti denunciano: costruito grazie a una legge ad hoc
Un <<mostro>> cancella il Lungomare di Bari
È dieci volte più grande del Fuenti amalfitano.
Ma la Cassazione annulla il sequestro dei cantieri

BARI - Lo chiamano la Saracinesca, perché chiude il Lungomare, che è la parte più bella della città . Ma lo chiamano anche il Mostro. Per le dimensioni e per la dimensione e per la spietatezza con cui nega a tutti la vista dell’orizzonte. <<Da quando hanno tirato su questo mostro – dicono i baresi, di solito indolenti nei confronti degli scempi, urbanistici e non -, per tutti noi il cielo e la costa finiscono a Punta Perotti, estremità sud del Lungomare. Guardiamo questi
palazzacci e pensiamo che nemmeno il sole e il mare possono considerarsi di tutti".
Il Mostro è un complesso edilizio di trecentomila metri cubi, dieci volte il famoso Fuenti, l'albergo che offende la Costiera amalfitana e che il Consiglio di Stato ha deciso di far abbattere. A differenza del Fuenti, il Mostro di Bari non è ancora stato completato. E in teoria potrebbe essere "fermato" in tempo visto che proprio ieri il vicepremier Walter Veltroni ha invocato <<un’operazione di ripristino ambientale nel nostro Paese>>. Però il Mostro fa più paura del Fuenti. Forse perché è stato costruito da gente importante, la <<Sudfondi>> dei fratelli Matarrese e i gruppi Andidero e Quistelli. O forse perché importanti sono i progettisti che l’hanno partorito, gli architetti Vittorio Chiaia, Massimo Napolitano (fratello del ministro Giorgio) e Renzo Piano il quale sottolineano Chiaia e Napolitano – non può adesso sostenere <<che l’opera non gli appartenga neppure per un metro quadrato, visto che è stato anche adeguatamente compenzato per le sue prestazioni>>. Ma forse c’è ancora un’altra ragione. L’idea di piazzare quel coso a Punta Perotti, in linea perpendicolare rispetto alla costa e a meno di trecento metri dalla battigia, come prescritto dalla <<legge Galasso>>, si è potuta realizzare perché è maturata in un clima di generale concordia e understatement.
A parte Ciro Angellillis e roberto Rossi, i due magistrati che hanno chiesto e ottenuto dal gip Maria Mitola il sequestro dei cantieri sotto una sfilza di ipotesi di reato (lottizzazione abusiva, deturpamento di bellezze naturali, falso, violazione della legge Galasso e di quella sulle concessioni edilizie), solo l'arcipelago delle associazioni ha osato chieder conto sul Mostro di Punta Perotti. Come hanno raccontato sulla rivista Sudcritica Luigì Campanale e Marisa Cipresso, un avvocato e un'insegnante di Legambiente, da una parte c'erano le associazioni (Italia Nostra, Wwf, Lipu, Legambiente, Archeo Club. Adirt, Ruotalibera, Palazzo di Vetro), più qualche dissidente dei partiti di destra e di sinistra. Dalla parte opposta, tutti gli altri politici tra i quali persino esponenti dei Verdi-Sole che ride; sindacalisti a <<difendere" l’occupazione nell’edilizia, che invece secondo le associazioni potrebbe dare molto più lavoro con interventi sui quartieri-ghetto e sul patrimonio storico-artistico esistente; e poi professionisti, accademici, imprenditori, anche quelli considerati <<illuminati>>, dei quali non c'è traccia dì una parola, una presa di posizione, un singulto sul Mostro che in un paio d’anni ha oscurato il sole di Bari.
Ha osservato l'Assindustria barese, in difesa del suo ex presidente Michele Matarrese: <<È sorprendente un sequestro adottato dopo ben due anni dall'inizio dei lavori". Ha replicato il pm Arigelillis: "Prima di chiedere il sequestro abbiamo dovuto leggere praticamente tutti gli atti amministrativi e le leggi di Regione e Comune dal 1979 a oggi. Decina di migliaia di pagine, in una Procura (presso la Pretura, ndr) in cui pendono settantamila procedimenti, ottomila per ciascun pubblico ministero>>.
Tra i nodi che i magistrati stanno cercando di sciogliere, nell’intricata vicenda di Punta Perotti, uno in particolare lascia sbalorditi: la velocità e la sincronia con cui si è riusciti a modificare la legge regionale numero 30 del 1990, quella che poi ha <<legittimato>> lottizzazioni e costruzioni. "Dopo una serie di modifiche, la legge ha subito una mutazione genetica", afferma l'avvocato Luigi Campanale. Due colpi di penna che paiono altrettanti colpi di spada, avrebbe detto Leonardo Sciascia, ed ecco che nel testo dell'articolo 2 il participio "approvati" (riferito ai piani particolareggiati e di lottizzazione) diventa "adottati" e, infine, "presentati". L'acrobazia, in città, è stata ribattezzata "legge Matarrese". Ma sarebbe ingiusto addebitarla al solo lavoro di lobbying degli ex-Kennedy di Bari, per Punta Perotti indebitatisi di 150 miliardi con Caripuglia-Cariplo, in quanto a formulare la norma hanno contribuito un po' tutti: chi governava, chi si "opponeva", gli "uffici competenti".
A Bari, sembrava impossibile un'inchiesta come quella di Rossi e Angelillis. "La stroncheranno", dicevano i meno pessimisti. Invece il sequestro dei cantieri è stato confermato anche dal Tribunale della Libertà. Ma poi è arrivata la doccia gelata della Corte di Cassazione, che li ha dissequestrati e ha fatto rifiorire lo scetticismo. Tutto In regola, sostiene la Suprema Corte nelle motivazioni, rese note l'altroieri: delusi, ma non sconfitti, i due magistrati titolari dell'inchiesta. "Non ce lo aspettavamo - dice Angelillis -, ma andiamo avanti lo stesso". Mentre Legambiente, Wwf, Italia Nostra e gli altri annunciano battaglia: si costituiranno parte civile nel procedimento, punteranno a far dichiarare Incostituzionale l'articolo 2 della legge regionale che ha consentito di costruire, raccoglieranno firme per una legge di iniziativa popolare.
Una città cresciuta smodatamente sul mattone, i cui quartieri (lo dicono le cifre) sono sempre più del centri di criminalità, vandalismo e degradazione sociale, non aveva bisogno dei bestioni di Punta Perotti.
Ma a Bari, che per qualità della vita è tra le ultime città italiane, chi c'è a preoccuparsi seriamente di quella che in Vita e morte delle grandi cittá Jane Jacobs ha definito la "Grande Tragedia della Monotonia"? Ogni tanto, le solite giaculatorie per la "scoperta" del baby-killer e poi tutto come prima. "Come cittadino - confida Ciro Angelillis - devo ammettere che il silenzio su questa vicenda é scoraggiante. A volte, penso che forse Bari si merita quello che ha. Ma questo, per piacere, non lo scriva".

Carlo Vulpio

 

 



 

 

 

 

 

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