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Il caso/ Interviene Enzo Del Vecchi, giornalista Rai:
perché non discutere della vicenda senza preconcetti?

Punta Perotti, un dibattito franco
"Va analizzato a fondo il ruolo dell’architetto Renzo Piano"
(19 giugno 2000)

La vicenda del Colosso di Punta Perotti racchiude in se, tra le altre cose, uno dei problemi più spinosi delle società moderne: il rapporto tra architettura e società, tra la voglia di organizzare razionalmente e funzionalmente gli spazi delle comunità urbanizzate e la difesa dell'armonia dei luoghi minacciata spesso da logiche tutte e solo puramente speculative. Un problema che chiama in causa fondamentalmente le responsabilità degli amministratori che gestiscono la cosa pubblica, la sapienza imprenditoriale e la sensibilità sociale dei costruttori e la capacità degli architetti nel saper interpretare con rigore, intelligenza e creatività il mandato professionale ricevuto. Alla luce del dibattito che si sta manifestando in queste settimane, anche attraverso le colonne della Gazzetta del Mezzogiorno, io mi chiedo se sia possibile impostare a Bari un confronto chiaro e leale – tra tutte le componenti: sociali, politiche e professionali – sulle ipotesi di risanamento e tutela di un lungomare in molti tratti degradato in maniera vergognosa e per di più trasformato spesso, nelle ore notturne, in territorio di caccia in agguerriti clan malavitosi. Ora, fatto salvo il diritto di ognuno di dire la sua sotto le bandiere di questo o quel partito questa o quella assoczione, io noto che sembri più il dibattito in corso prende non poche volte una piega maleodorante: quella che per molti anni ha impedito al nostro paese di trovare, con il buon senso e Con la moderazione degli interessi di parte (chi mai ha assunto o assumerà questo ruolo tra i banchi della maggioranza e dell'opposizione di questa città?), la giusta soluzione ai tanti mali che hanno afflitto e affliggono ogni settore della vita pubbliga dietrologia che si scatena nella interpretazione di ogni fatto o singolo episodio? Un modo di procedere spettacolarmente esemplificato da certe prese di posizione che a ogni pie' sospinto vogliono per forza etichettare o, peggio criminalizzare, quanti la pensano diversamente. Esempio: è possibile capire che ruolo ha avuto in questa vicenda il grande architetto Renzo Piano, senza per questo essere tacciati di collusioni con il potere e con gli speculatori? E ancora: perché non si può approfondire, salvo sentirsi dire che "si vuol puntare a sviare il discorso dai veri problemi", la questione relativa ai tempi e alla qualità degli interventi di Piano, che ha diffuso – attraverso una intervista al Corriere della Sera – una serie di critiche e di affermazioni ("mi occupai per breve tempo della cosa e poi lasciai perdere") che destano forti perplessità? Perplessità che, a partire dal cartellone ben piantato da anni nel cantiere di Punta Perotti, si ingigantiscono a fronte di due lettere autografe, a firma dello stesso architetto genovese, che testimoniano invece una sua presenza dilatata fino a quasi tre anni. Ci si può chiedere perché un grande architetto come Piano non ha saputo esercitare la sua scienza e la sua autorevolezza in questa vicenda? O dobbiamo accettare mortificati e supini (come pure qualcuno ha fatto), le sue affermazioni, anche se clamorosamente contraddette (da due architetti baresi) e contraddittorie (lui stesso si e corretto, successivamente, dalle colonne del quotidiano "la Repubblica")? E lecito sapere se, nel breve o medio o lungo periodo impiegato a Bari, il grande architetto abbia riscosso, e a quale titolo, una parcella? Io penso che la risposta a questi interrogativi possa dare un contributo di chiarezza non Secondario in una storia che proprio due suoi colleghi baresi, gli architetti NapoIitano e Chiaia cominciarono a scrivere addirittura agli inizi degli anni '80, con un progetto che inizialmente correva parallelo alla costa senza sfigurare, cosi dicono gli autori, il panorama costiero di Bari. A quanto pare, secondo alcuni, mettere a fuoco questi problemi sarebbe secondario come pure risulterebbe deleterio e apire e proporre oggi cosa si deve fare per risanare i tratti degradati del lungomare barese. E così capita che chi ha l'ardire (per ventura o per mestiere) di porre questi interrogativi e singolarmente irriso o dalle logiche integraliste degli uni o dalle voglie più o meno scoperte degli altri: il tutto a fronte di una opinione pubblica tirata per la giacchetta da una parte, da quanti vogliono completare il progetto Punta Perotti – ben chiusi nel silenzio – e dall'altra da quanti, con clamore e colore, vogliono soltanto l'abbattimento dell'ecomostro, quasi che soltanto questa sia, di per se, la soluzione di tutti i mali. E in questo baillamme ne l'una ne l'altra posizione aiutano davvero a capire verso quale direzione bisogna muoversi per costruire una Bari del duemila più civile, più pulita, più capace di offrire ai propri abitanti, assieme a servizi adeguati anche un territorio che – senza rinunciare alla propria identità, alla propria bellezza e alla propria storia – sia più vivibile e più sicuro in tutti i sensi.

Enzo Del Vecchio giornalista Rai

 

 



 

 

 

 

 

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