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Nuovo Corriere Barisera
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La Gazzetta del
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Dibattito su Punta Perotti/ Scrive il grande progettista genovese:
<<Chiaia non dice il vero>>
Renzo piano: ora vi dico tutto
Larchitetto: non ho critiche da rivolgere a Mattarese
Renzo piano (23 Giugno 2000)
Ho letto l'intervista a Michele Matarrese, così
come gli altri recenti articoli della Gazzetta del Mezzogiorno. Mi scuso se scrivo con un
po' di ritardo, ma sono appena tornato dagli Stati Uniti e riparto per Berlino. Mi sembra
però opportuno dare dei chiarimenti. Innanzitutto: quando mi fu chiesto da Michele
Matarrese di lavorare sul progetto di Lungomare Perotti, il progetto di Piano
Particolareggiato era già stato eseguito (da Chiaia e Napolitano) ed approvato. I volumi
si trovavano nella posizione attuale: non corrisponde perciò a verità l'affermazione
dell'arch. Chiaia per cui avrei spostato dei volumi. Accettai l'incarico: intanto perché
mi piacciono le scommesse difficili e poi perché speravo di poter incidere sull'insieme
urbanistico di Punta Perotti. Cioè: ridisegnare il percorso del Lungomare stesso, inter-
venire sulla linea di costa (salvaguardandola da un progetto di gigantesco porto turistico
che era allora allo studio), spostare dei volumi più a ridosso della ferrovia
allontanandoli dal mare e, sopratutto, evitare l'effetto di barriera. Contribuì allora,
ed era il 1992, a creare un certo ottimismo il fatto che il piano regolatore portava la
firma di Ludovico Quaroni, un luminare dell'Urbanistica che godeva di grandissima
ammirazione e stima, non solo da parte mia, ma anche da parte di tutta la generazione di
architetti alla quale io appartengo. Quaroni, e a giudicare dal risultato c'è da pensare
che sbaglio, aveva collocato in quella posizione una forte volumetria per realizzare una
sorta di nuova <<porta>> alla città di Bari, nella sua estremità
meridionale. Accettare questa scommessa (e in quel momento ero impegnato a terminare
l'aeroporto di Kansai in Giappone e iniziavo il progetto di Potsdamer Platz a Berlino) non
è stata un'imprudenza ma un doveroso tentativo di dare un contributo al grande tema delle
periferie urbane. Rivendico come architetto il diritto e anche il dovere di accettare
queste sfide. Perché altrimenti un architetto dovrebbe limitarsi solo a fare progetti di
grandi centri culturali, sale per concerti e boutiques di lusso. Torniamo a cosa avvenne
durante la parte del 1992 ed il 1993 in cui lavoravo a questo "studio di
fattibilità". Innanzitutto provai a sposta re i volumi, senza modificarne la
capienza, addossandoli alla ferrovia e quindi allontanandoli dalla linea di costa. Provai
anche a modificarne la tipologia proponendo delle torri e cercando cosi di evitare
l'effetto di barriera. Tentai di lavorare l'intera "sistemazione a terra"
introducendo una griglia di verde molto intenso, modificando le prospettive del lungomare
Perotti e intervenendo, per quanto possibile, sulla linea di costa, che in quel punto,
come è noto, era stata modificata dalle sue linee naturali attraverso delle opere di
riempimento. Alla fine del 1993, fu chiaro che tutto questo non era possibile: era troppo
tardi. Mi sarei ritrovato a proporre semplici interventi di <maquillage" e allora
nel marzo del 1994 lasciai l'incarico. Lo lasciai in perfetto accordo con Matarrese e
Andidero per il quale avevo nel frattempo lavorato ad uno dei volumi che si trovano in
secondo piano. Va anche detto, ad onore del vero, che il mio nome e apparso sul grande
tabellone di cantiere come estensore, assieme a Ottavio di Blasi, di un piano di
coordinamento e della sistemazione delle opere esterne: cosa che corrisponde a verità. I
progetti di licenza edilizia dei volumi costruiti, oggi oggetto del dibattito, sono stati
invece redatti e firmati dagli architetti Chiaia e Napolitano, assieme ad altri
professionisti di Bari. Anche questo appare con chiarezza dal tabellone. In tutta questa
vicenda non ho critiche da rivolgere a Michele Matarrese. Va soltanto detto con chiarezza
e con fermezza che non ho mai né redatto né firmato il progetto di piano
particolareggiato e tanto meno quello delle licenze edilizie. Va anche ricordato che
lasciai l'incarico più di sei anni fa e quindi in tempi non sospetti. Non è giusto
creare malintesi sul mio comportamento che non è stato ne tardivo ne confuso. Cosa si
può fare ora? Io non credo impossibile, se tutti (Proprietari, Comune, Regione e
Ministeri competenti) si mettono al lavoro seriamente, trovare una soluzione ragionevole.
Ma solo a patto che la visione sia globale e che questa non diventi una guerra su
posizioni radicali.
Renzo Piano |