Alla fine
dell'Ottocento i baresi protestarono violentemente contro la costruzione del palazzo della
Camera di Commercio perché avrebbe tolta la vista del mare e si deve alla fermezza del
sindaco se la costruzione fu realizzata. All'inizio del 900 i baresi, capeggiati da
Armando Perotti, protestarono contro la costruzione del Margherita perché avrebbe tolta
la vista del mare al corso Vittorio Emanuele. Oggi i cittadini chiedono la
ristrutturazione del Margherita. Gli abitanti di via Dalmazia protestarono contro la
costruzione dell'Albergo delle Nazioni e dei grandi palazzi statali che avrebbero tolta la
vista del mare. Oggi il nostro lungomare ce lo invidiano molte città. Ed infine Punta
Perotti. Io non so in quel punto chi perda la vista del mare, ma ritengo che l'errore c'è
e che sia dovuto alla posizione delle costruzioni. Mi sbaglierò, ma se fossero state
allineate agli altri palazzi non avrebbero costituito una brutta saracinesca, come è
stata chiamata, ma un semplice prolungamento e completamento del lungomare. Ai posteri
l'ardua sentenza. Dr. Marcello Amadori
Alla polemica su Punta Perotti sono direttamente interessato. Nel senso che a me i tre
edifici oggetto della discordia hanno tolto una parte di mare: dalle finestre della mia
abitazione, infatti, prima l'occhio spaziava felice cogliendo il passaggio delle barche
dei pescatori, delle vele, dei traghetti che ora invece vedo sparire e rispuntare
improvvisamente dietro quelle alte sagome che si stagliano contro il mare... Parte lesa,
dunque? Non so. Soprattutto se penso che fino a qualche anno fa bastava spostare lo
sguardo un po' più giù, sulla costa, perché questa bella immagine venisse deturpata e
inquinata dalle montagne dei rifiuti, dall'incendio dei pneumatici accatastati dai
cosiddetti sfasciacarrozze, nell'assoluta indifferenza di chi istituzionalmente o meno
doveva tutelare e valorizzare quel tratto di lungomare. Sicché il progetto di Punta
Perotti con quello che prevedeva di conseguenza per il risanamento della zona venne
considerato il male minore, quasi una provocazione visto che nonostante le proteste quel
lungomare restava pur sempre una discarica. E tardive sono state le reazioni alla
costruzione dei tre edifici che si, "interrompono l'infinito", "chiudono il
lungomare come una saracinesca", ma occorreva proprio che si arrivasse a costruire
gli ultimi piani per accorgersene? E l'infinito, quell'infinito, ha proprio un valore
assoluto per tutti, o non può essere considerato in qualche caso il vuoto? Le reazioni
alla sentenza d'appello, poi, sono state scomposte e demagogiche, politiche. L'autonomia
dei giudici in questa occasione non è più ritenuta garanzia di libertà per tutti i
cittadini come in altre occasioni. Infine, la proposta del ministro Bordon: compriamo gli
edifici e abbattiamoli: a me personalmente farebbe piacere che fossero abbattuti, ma si
può chiedere ai contribuenti, invece che ai reali responsabili, una operazione del
genere? E non sarebbe questa operazione "mostruosa"? Io, come molti baresi, mi
auguro che questa vicenda si risolva presto, perché quei tre stabili incompiuti, simili a
inquietanti scheletri, rischiano di rimanere lì, in quelle condizioni, chissà per
quant'altro tempo: immagine palpabile del lento procedere della giustizia, delle nostre
incongruenze, furbizie e demagogie. Franco Iusco
L'imprenditore Mazzitelli ha dichiarato sulle colonne di questo giornale di essere
rimasto senza risposta quando i suoi figli - a proposito dell'accanimento della campagna
di stampa contro il Fuenti - gli hanno domandato: "Papà, ma cosa hai fatto per
meritare tutto questo?". Mi permetto di suggerire una risposta e un possibile
percorso educativo. Mazzitelli potrebbe rispondere ai bambini: "Figli miei, il vostro
papà ha compiuto uno "scempio" della costa. Cos'è uno scempio? E' la grave
deturpazione di una cosa di valore, motivo di una sdegnata disapprovazione, come spiega il
dizionario della lingua italiana. Poi, potrebbe accompagnare i suoi figli sotto Punta
Perotti per mostrare loro un altro esempio di scempio costiero. I bambini probabilmente
chiederanno: "Ma come mai tu e quel signor Matarrese avete potuto costruire senza che
nessuno vi fermasse prima?". Lei potrà rispondere: "Vedete figli miei, quando
sarete grandi vostro padre vi parlerà delle leggi, dei vuoti legislativi, della
interpretazione delle leggi, della corruzione". Probabilmente le creature a quel
punto incalzeranno chiedendole: "Papà, ma tu e quel signor Matarrese non vi siete
resi conto da soli che stavate "scempiando" la costa? Tanti se ne sono accorti,
tanti hanno parlato di eco-mostri e voi no? A voi piacevano veramente il Fuenti e Punta
Perotti?". Forse le converrà ammettere: "Figli miei, come ha dichiarato il
signor Matarrese, a noi sta a cuore il profitto e non ci interessa altro". La
speranza di noi tutti è che i suoi figli dalla vicenda del Fuenti e, ci auguriamo da un
analogo destino riservato a Punta Perotti, imparino cosa voglia dire il rispetto
dell'ambiente e riescano a sviluppare uno spirito critico sufficiente che li porti da soli
a riconoscere gli scempi. A quel punto, ne sia certo, non avranno più domande da porre in
merito al loro papà. Lettera firmata Bari
Il 20 giugno abbiamo letto la lunga intervista all'ing. Michele Matarrese. Ne abbiamo
tratto la convinzione che la sua autodifesa finisca per ritorcersi contro di lui e la
Società Sud Fondi, costruttrice di due "bastioni" di Punta Perotti. L'ing.
Matarrese ha esordito affermando che "tutti gli scheletri sono brutti, anche quelli
delle opere migliori", ma bisognerà vedere come sarà Punta Perotti a lavori
terminati. E, verso la fine dell'intervista, esprimendo la ferma intenzione di portare
l'opera a compimento, ha ribadito che "certo lo scheletro è brutto ma guardate,
giudicate quello che sarà dopo". Se nonché il problema che colpisce e affligge
tutta la cittadinanza barese non è quello sollevato dall'ing. Matarrese del
valore estetico - architettonico dei progettati palazzi, bensì quello ben diverso
dell'impatto ambientale creato dalla costruzione dei palazzi a ridosso della costa e per
giunta in posizione perpendicolare alla stessa. L'esistenza e la gravita dell'impatto
ambientale già emergono dalla intervista. Abbiamo appreso che l'arch. Napolitano, uno
degli stessi progettisti, ha parlato di "bravura urbanistica" aggiungendo
inoltre che lui e l'ing. Chiaia volevano che "gli edifici fossero paralleli al mare,
così non avrebbero chiuso l'orizzonte". Da parte sua l'arch. Piano, chiamato a dare
un tocco d'artista al progetto dal quale poi si è dissociato, ha dichiarato che Punta
Perotti "è un'idea folle su una costa bellissima" ed ancora che neppure Gesù
Bambino potrebbe rimediare al disastro. Del resto lo stesso ing. Matarrese ha finito per
riconoscere lo scempio ambientale, allorché ha ipotizzato che il raddoppio del lungomare
e la costruzione del porticciolo turistico (quando e se mai verranno realizzati)
potrebbero far svanire "l'effetto saracinesca"! Non poniamo in dubbio che i
palazzi, una volta completati, potranno risultare sotto il punto di vista estetico -
architettonico anche pregevoli, ma sotto il punto di vista dell'impatto ambientale, che
interessa la collettività, dobbiamo rimarcare che, con il riempimento dei vuoti esistenti
nelle attuali strutture in cemento armato l'effetto saracinesca verrà ancor più ad
accentuarsi. Per la riqualificazione ambientale del lungomare di Bari, gravemente
deturpato dal progetto edilizio in questione, non v'è dunque altra soluzione che la
demolizione degli edifici, anche se per avventura dovessero essere portati a compimento. Lettera condomini Bari
Una considerazione su Punta Perotti che ribattezzerei: Punta Paolotti. Infatti se
andate alla ex traversa 75 nel S. Paolo, esiste una struttura gemella di Punta Perotti che
le case popolari o Iacp ha realizzato da vent'anni; e poi diciamo peste e corna contro
questo ente che ha anticipato quel fiore di architettura! C'era bisogno di scomodare un
pool di architetti per progettare cotanta bellezza di linee? Chissà come si saranno
spremute le meningi i poveri architetti concittadini per partorire quel manufatto ' che
regge il confronto con le più grandi opere di tutti i tempi! Ha ragione Sgarbi: chi vive
nelle cime di rape assai difficilmente può concepire il bello! Avrei infine una soluzione
per Punta Paolotti: sfondare la struttura al centro e realizzare due torri anche più alte
ma con una linea più originale, più proiettata verso il futuro. Si salverebbero cosi: le
capre (gli architetti), i cavoli (gli affari) e le cime di rape (i proprietari).
Peppino Lovo Bari