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CELLAMARE

ab. 4.388
esten.5,86 kmq
alt. 105 m
CAP 70010
13 km da Bari

***
Piccolo centro agricolo. Nell’ultimo ventennio c’è stata una significativa espansione urbanistica e demografica, favorita dall’inurbazione di molti cittadini baresi.


Sacro & Profano


punto.gif (855 byte)Festa di S. Amatore (prima domenica di maggio) Celebrazioni per il Patrono con fiera di prodotti e artigianato locale.

punto.gif (855 byte)Festa e Fiera di S. Raffaele Arcangelo (ottobre)

punto.gif (855 byte)Presepe Artistico (dicembre) in piazza Don Bosco.

CENNI STORICI

Le sue origini si fanno risalire al secolo XI; l’unico documento attendibile in tal senso può essere considerato uno statuto delle città e delle terre appartenenti alla Archidiocesi di Bari, compilato nel 1171 dall’arcivescovo Rainaldo nel quale per la prima volta si cita una località di nome Cellamare o Cellamarii. Alcuni storici sono invece concordi nel segnalare l’esistenza di questo sito o villaggio di pastori e contadini in concomitanza con le escursioni saracene. Si racconta infatti che nel 988 i saraceni attuarono una delle più feroci incursioni nel territorio intorno a Bari, depredando le popolazioni ed incendiando le loro abitazioni. Dopo aver distrutto Ceglie e Valenzano si trasferirono nel territorio di Capurso, ma qui furono respinti ed uccisi dai capursesi e cellamaresi. La zona ancora oggi viene chiamata Massaracina per ricordare il massacro dei saraceni. In quanto al toponimo "Cellamare" gli storici rimandano all’episodio riguardante l’arcivescovo di Bari Giovanni V, che a seguito della distruzione di Bari perpetrata dal sovrano normanno Guglielmo il Malo si rifugiò col suo seguito nel territorio che da allora mutò il nome da Cella Amoris in Cella Amaris per sottolineare il dolore degli esuli. Si ignora come e quando Cellamare si tramutò in feudo. Il primo signore di cui si hanno notizie è Roberto Venato. Gli successe il fratello Galeotto Venato, morto nel 1294. Con la sua scomparsa il feudo di Cellamare passò al Regio Fisco, cioè allo Stato per mancanza di eredi. Trasformatosi nuovamente in feudo nel 1407, Cellamare fu appannaggio di diverse famiglie (Sandionigi, Di Sangro, Marra, Caracciolo), fino a quando con l’avvento di Murat passò al regno di Napoli.
IL BORGO
L’attuale chiesa della SS. Annunziata è costruita sul suolo di un’altra antica chiesa edificata sulle fondamenta dall’arcivescovo Rainaldo (1171-1188). La nuova chiesa fu costruita nel 1854 sotto l’arcivescovo di Bari Michele Basilio Clary, come si rileva dall’epigrafe posta sotto l’architrave della porta maggiore. La pianta è ad una navata con tre cappelle per lato. All’interno è possibile ammirare un pregevole dipinto su tavola raffigurante lo "sposalizio di Santa Caterina). Il dipinto è attribuito alla scuola fiorentina del secolo XII. Sullo stesso piano della facciata si eleva la Torre Campanaria costituita da grossi conci in pietra e divisa in due ordini. Quello inferiore ha una luce quadrilobata in cornice circolare; l’ordine superiore, che si sopraeleva dall’altezza della chiesa, è la cella campanaria con lesene angolari e bifore.
La Torre Civica, comunemente chiamata Torre dell’orologio, si erge in Largo don Bosco di fronte alla chiesa matrice. Realizzata nel 1923 è composta da un basamento trapezoidale. Una piccola scaletta interna conduce al piano del loggiato dotato di quattro bifore, una su ogni lato, costituite da tre colonnine in pietra locale. Il secondo piano è decorato da una scultura a basso rilievo che raffigura lo stemma comunale.

SANT'AMATORE MARTIRE

Nacque a Tuccitano in Spagna. La sua adolescenza e giovinezza fu radiosa. I suoi bravi e buoni genitori gli insegnarono ad amare Dio ed il prossimo, specie i sofferenti. Perduta la mamma, il babbo prese Amatore e gli altri figli e si trasferì a Cordova per mandarli comodamente a scuola. Il suo maestro fu il dotto e santo vescovo Eulogio. Anche questo morirà martire. Infuriando la persecuzione musulmana si uni ad un monaco di nome Pietro, a, Ludovico fratello di Paolo diacono e marti- re, entrambi Cordovesi, e si lanciarono da leoni alla conquista delle anime. Furono afferra- ti, trucidati. I loro corpi furono buttati nel fiume Quadalquivir il 30 aprile 855. Dopo alcuni giorni i tre cadaveri, trovati sulla spiaggia di Beta, furono raccolti da mani pietose. Dio preparava il trionfo ai suoi eroi. Il papa Clemente X dava la reliquia insi- ' gne di S. Amatore al duca di Giovinazzo, D. Domenico De Iudice, che, in missione di ubbidienza ando a Roma con D. Pietro di Aragona luogotenente del Re di Napoli. Il duca di Giovinazzo la donava a Cellamare verso 1'anno 1670.


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