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PUGLIA IN TAVOLA

Il territorio pugliese, in larga parte pianeggiante, produce in abbondanza grano, uva e olive. I farinacei, l’olio ed il vino – qui chiamato miere, dal latino merum, cioè schietto – costituiscono le fondamenta dell’alimentazione popolare, di conseguenza la cucina pugliese si sviluppa a partire da questa salutare triade mediterranea. I modi di mangiare, seppur tendenzialmente unitari in tutta la regione, coincidono con il vecchio assetto del territorio, quello dato alla Puglia da Federico II: Terra di Capitanata, Terra di Bari e Terra d’Oitranto. Gli stessi piatti sono differenziati secondo le proprie tendenze: l’uso dell’aglio, per esempio, tende a diminuire man mano che si scende dal Tavoliere alla Penisola Salentina, fino a cedere completamente il posto alla cipolla, come nella cucina gallipolina.

Pane e Pasta

lasagne.gif (29278 byte)La Puglia va famosa per il suo pane, peraltro il consistente consumo pro-capite giornaliero eleva questo alimento semplice e nutriente a vero e proprio culto per la gente pugliese. Spicca, tra i vari tipi di pane, la frisedda, un capolavoro di sobrietà: una ciambella, con il buco stretto, fatta di farina integrale o bianca, infornata e cotta, viene tagliata in due in senso orizzontale e rimessa nel forno a biscottare. La preparazione è semplice: basta immergerla nell’acqua fredda, quando è inzuppata per bene condirla con olio, pepe e sale, facoltativa l’aggiunta di pomodoro e cipolla. Il contadino o il bracciante pugliese con frisedde e vino mette insieme il pranzo e, sempre con gli stessi ingredienti, però in acqua bollente, prepara l’ottima cialledda.
L’alimento preferito dai pugliesi è la pasta, alimento caratterizzante della cucina regionale che continua ad essere prodotto in grandi quantità direttamente a casa, nonostante la grande produzione industriale. Le donne di Puglia continuano a tramandarsi di madre in figlia le magiche ricette per la preparazione delle orecchiette, lasagne, rècchie, strascenate, chiancarelle, troccoli, mignuicchie, pociacche, fenescècchie.
Questi svariati tipi di pasta sono altrettanto variamente conditi: "La pasta asciutta – scrive Nicola Durano – si alterna nel menù settimanale con quella in brodo di verdure o di legumi, secondo un calendario rituale". Orecchiette e spaghetti sono conditi spesso con erbe selvatiche miscelate con quelle coltivate nell’orto, per un piatto più ricco, si ricorre ai ragù di carne o di pesce. Quello di carne può essere semplice, fatto soltanto di vitellone, oppure combinato: vitellone e maiale, oppure con aggiunta di castrato. Per le grandi occasioni c’è più elaborazione: maccheroni al forno insugati e mescolati con polpettine di carne, pezzi di uova sode, mortadella, mozzarella o scamorza e pecorino grattato, il tutto posto in tegame, di terracotta per la tradizione, e infornato. Il più popolare dei ragù di pesce è d’invenzione barese; si chiama ciambotto (vuol dire miscuglio) e si ottiene mescolando varie specie di pesce.
I pugliesi hanno provocato anche una rivoluzione per difendere la pasta. Nel 1647 i baresi si rivoltarono con i dominatori spagnoli che avevano deciso di tassare la farina: dopo otto giorni di "ferro e fuoco" gli spagnoli rinunziarono all’odioso balzello.
La dominazione spagnola ha lasciato in Puglia anche qualche segno nella cucina. Le tielle risalgono a quel periodo: si tratta di minestre di vari ingredienti sovrapposti a crudo in strati distinti. Tra le più famose tielle (vuol dire tegami) vi è quella barese che si compone di uno strato di riso, uno di patate affettate, uno di cipolla e prezzemolo, uno di cozze nere private della valva superiore, il condimento è fatto di olio, sale, pepe, formaggio e, in superficie, si stende del pangrattato. La composizione delle tielle, in genere, viene lasciata all’estro della cuoca, non possono mancare comunque le patate.

Carne e Pesce

involtini.gif (24270 byte)La carne bovina viene usata solo per il ragù e le polpette; per le brasciole (involtini) si preferisce la carne di cavallo; lo stesso brodo viene preparato ancora oggi, soprattutto nei paesi di provincia, con montone o caprone.
Le carni di volaglia, selvaggina e suine trovano largo impiego. Il coniglio selvatico, cotto in un denso sugo di pomodoro, condisce ottimamente orecchiette e minuicchie. Il maiale viene esaltato nei capocolli della Murgia, nei saporitissimi salumi del subappennino dauno, nelle salsiccie e nel sanguinaccio leccese, quest’ultimo è formato da una miscela di sangue suino con cervella di maiale o di vitello. Secondo la leggenda il sanguinaccio, per la sua sublime bontà, sarebbe servito ai leccesi, più di tre secoli fa, addirittura per ottenere dai brindisini una delle colonne terminali della Via Appia. La zampina ( salsiccia di carne bovina) di Sammichele di Bari è un’altra delle specialità di carne pugliesi. La carne ovina domina la cucina pugliese, la sua bontà è fuori discussione: girando tra i paesi della regione ci s’imbatte molto spesso in macellerie dotate di un piccolo forno a pietra che serve ad arrostire le tacche, i pezzi d’agnello, infilzate negli spiedi, semplicemente salate, e consumate nello stesso luogo, accompagnate da vino, pane e verdure crude. Con le frattaglie del montone i pastori del Gargano preparano il quagghiaridde, rustico ma saporito. Nel barese sono molti diffusi i gnemerìidde, gomitoletti di budella di agnello o capretto che avvolgono le interiora degli stessi animali, succulenta pietanza che si prepara da oltre cinquecento anni.
Grazie alla grande quantità di greggi, prosperano i prodotti caseari a base di latte di pecora, soprattutto la ricotta fresca con i suoi derivati: quella forte, quella tosta o cacioricotta, quella marzotica. Eccellente il formaggio pecorino, specie quello dei pascoli della Murgia dove cresce il lentisco che dà al latte e quindi al formaggio un gusto pepato. Molto diffusa la produzione casearia vaccina, ottimi e ricercati il caciocavallo, il provolone, le scamorze, le manteche, le burrate e, soprattutto, le mozzarelle, rinomate quelle dell’intera fascia murgiana, da Andria e Gioia del Colle.
Un regione con uno sviluppo costiero di 800 chilometri ha una larga diffusione di pesce. Dovunque, nelle località costiere dell’Adriatico come dello Ionio, il pesce è ottimo. Il mare barese offre magnifici polipetti – allievi – che si possono anche mangiare crudi, splendide orate e sogliole, dentici sopraffini e scampi. Le triglie di Porto Cesareo, Gallipoli, Polignano a Mare, Manfredonia provocano il tripudio del gusto. Popolate da straordinarie varietà ittiche, nobili e plebee, sono le acque delle Isole Tremiti la cui cucina annovera anche la zuppa di tartaruga. Le due insenature del porto di Taranto, Mar Piccolo e Mar Grande, producono orate, anguille, murene, dentici, triglie, calamari, seppie, aragoste, vongole, datteri, gamberetti, ma la fama di questa città è legata soprattutto alle cozze nere (mitili).

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